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Che mondo sarebbe senza umanesimo

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Domenica 12 aprile, su ‘Repubblica’, è apparso un intervento di Fareed Zakaria, editorialista del Washington Post, a sostegno dell’# e della cultura umanistica. È, la sua, una reazione alla diffusa opinione che l’insegnamento di talune materie (antropologia, storia dell’arte, letteratura per dire) non serva più a nulla, sia anzi una zavorra per lo sviluppo. Zakaria riporta l’opinione del Governatore della Florida, Rick Scott, che si chiede: “È nell’interesse vitale del Paese avere un maggior numero di antropologi?”. Per rispondersi: “Non credo”.

È questo il clima che spinge sempre più verso una ‘curvatura’ tecnologica e scientifica della cultura, a danno di “un’istruzione generale di ampio respiro” che, secondo l’editorialista, invece “contribuisce a stimolare il pensiero critico e la creatività”. Perché è questo il punto: senza il contributo essenziale delle discipline umanistiche, l’intelletto si ridurrebbe a essere un solerte esecutore di paradigmi destinati pian piano alla senescenza e all’inefficacia. E mai ci sarebbe lo scatto che trasforma un modello obsoleto in un dispositivo culturale più innovativo e persino più efficace.

Zakaria racconta come persino Mark Zuckerberg – il CEO di Facebook – fosse uno studente di materie umanistiche appassionato di informatica. Spiega come lo stesso fondatore di Facebook abbia definito la sua creatura “psicologia e sociologia oltreché tecnologia”. Per dedurne che “l’innovazione non è mai stata solo una questione di tecnologia”.

Che mondo sarebbe senza l’antropologia, e senza la letteratura, e senza la storia dell’arte (per fermarci ai casi più citati)? Non solo un mondo più povero culturalmente, ma anche meno creativo, meno attivo, meno capace di flessibilità. Magari più propenso all’automazione e meno, molto meno all’invenzione. Non è solo la nostalgia o il romanticismo o la sofisticheria intellettuale a spingere per la ‘salvezza’ di una cultura ampia, integrale e integrata.È anche l’efficienza del sistema, sono anche le ragioni addotte dagli ‘scientisti’ a motivare la necessità di non impoverire il nostro panorama culturale privandolo del contributo essenziale offerto da quelle discipline (come la filosofia) che predispongono il pensiero alla scoperta invece che costringerlo alla riproduzione automatica di modelli e schemi tradizionali oppure al mero calcolo automatico. Anzi. Acquisire capacità creative è proprio l’unico modo per non essere sostituibili e informatizzabili. L’unico modo per proteggere il proprio posto di lavoro.  Ma anche, ed è ancor più essenziale, l’unico modo per adottare con il mondo un rapporto critico e il meno conformistico possibile.

Perché è il conformismo il vero pericolo della contemporaneità: l’adozione di comportamenti, pensieri, idee, atteggiamenti di massa che annullino la nostra capacità critica e ci annullino anche come individui. Ciò non vuol dire che la ‘socialità’ sia un carattere negativo, al contrario. Vuol dire che la socialità, ossia le nostre relazione attive cogli altri, non è solo frutto dell’assunzione cieca di un codice diffuso, di una lingua comune, di norme universali, ma pure la produzione di ‘parole’, di atti individuali, di contributi personali, di spirito inventivo, di capacità creativa, di innovazione. In fondo il mondo si regge grazie al reciproco contributo di codice generale e produzione personale, grazie alla loro reciproca interazione.

Questa è la libertà. Quando invece è il codice a predominare (ossia un insieme codificato di comportamenti e pensieri fissi e automatizzati) e a inglobare i nostri gesti di ‘parole’ è proprio la libertà a venir meno. Così come, al contrario, se predominano gli atti individuali slegati dal resto della società, il destino è quello della disgregazione e frammentazione. Perciò non date retta alle ideologie tecno-scientiste e in fondo un po’ praticone, leggete storia dell’arte, esercitatevi alla scrittura, approfondite la psicologia, affrontate i filosofi. Senza di ciò, senza questo frullare in testa di idee e riflessioni, non si è donne o uomini per intero, ma solo automi pronto a obbedire ai comandi.

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